II NovaraJazz Festival riparte alla grande con una nuova stagione estiva, già avviata nel giorni scorsi con diversi appunta-menti sparsi per la provincia novarese, per approdare, secondo una formula diventata fortunata regola, nel centro storico di Novara, con i due weekend principali ed i main event nell'Arengo del Broletto. Preludio al fine settimana ricco di eventi, divisi come di consueto fra numerose proposte pomeridiane, aperitivi e tramonti in jazz: incontro in musica venerdì scorso, nella raccolta cornice dell'Auditorium del Conservatorio Cantelli, un appuntamento "in duo", denominato appunto "Olanda in due", dal sapore formale tradito dalla grande carica ironicamente colta dei due esecutori, Bo van de Graaf ai sassofoni Braam al pianoforte. Due eccezionali artisti olandesi, entrambi compositori, entrambi di rigorosa formazione, capaci di arrivare con intesa e una buona dose di slanciata sagacia, al cuore del fare musica, con serissimo divertimento, senza sensazionalismi ma anche senza rinunciare a contaminazioni puntuali fra generi e portando all'estremo (seguendo la regola non scritta della libertà esecutiva che tutta quella musica denominabile come "jazz" impone loro) le capacità dei loro strumenti, con equilibrio funzionale e senza mai risultare pesanti all'ascolto. Già ospite del Novara Jazz nel giugno del 2011 con un progetto musicale ispirato al film dì Bertolucci "Ultimo tango a Parigi", realizzato insieme al gruppo I Compani, van de Graaf ha eseguito alcune sue pagine, alternandole con quelle di Braam, e anticipando al pubblico novarese un suo nuovo progetto in corso d'opera, ispirato alla grande tradizione lirica del nostro Paese: piccole perle di variazione di genere e controllata improvvisazione incentrate sulle più o meno celebri arie d'opera italiane, fra cui figura monumentalmente Verdi: e verdiana è stata la proposta, con un estratto da "Un ballo in maschera». Ma miche per quanto riguarda gli altri pezzi eseguiti la partenza è stata sempre giocata su un nucleo centrale ben identificabile, e spesso di meravigliosa e dettagliatissima cesellatura melodica; poi, secondo uno degli schemi più classici, si sono aperte varie strade di interpolazione, in cui l'alchimia degli esecutori ha preso il sopravvento, regalando al pubblico una musica robustamente partecipata, in cui la gentilezza del suono raramente è stata surclassata dal desiderio di fare "sperimentazione" disordinata o altisonante. t questa gioiosa, disimpegnata attenzione ai dettagli che ha fatto sì che, anche nei momenti musicalmente più piani, più riflessivi, più difficili, fosse semplice avere una naturale visione d'insieme nell'improvvisazione, senza che il discorso melodico fosse mai sfaldato. E che ha reso l'esecuzione di van de Graaf e Braam decisamente brillante.
Alessandro Curini, Corriere di Novara